info@auromed.it


linkedin
instagram
whatsapp

Società di consulenza aziendale per imprese che vogliono dare valore alla componente tecnica e alla componente umana per raggiungere il successo.        
© Auromed sas  C.F./P.Iva: P.IVA/CF: IT06183190963

98127964d515bfb8ec9155178cfb39617f217b5b

Emozioni, memoria e apprendimento

2025-09-08 11:40

Iryna Kozar

memoria, apprendimento,

Emozioni, memoria e apprendimento

Emozioni, memoria e apprendimento: come le esperienze plasmano il nostro cervello e la nostra crescita professionale.

 

 

 

Emozioni, memoria e apprendimento: come le esperienze plasmano il nostro cervello e la nostra crescita professionale.

 

 

 

Come le esperienze plasmano il nostro cervello e la nostra crescita professionale?

Il 11 settembre 2001 è una data che ha segnato la memoria collettiva. Ognuno di noi ricorda con straordinaria nitidezza dove si trovava, cosa stava facendo, chi aveva accanto. Personalmente ogni volta che vedo le immagini dell’accaduto mi teletrasporto nella stanza dello studentato davanti al grande schermo e percepisco leggermente l’ansia del momento, nonostante sono passati ormai 24 anni. È un ricordo che sembra inciso come una fotografia, una “istantanea” della coscienza.


Sono certa che molti di voi sperimentano lo stesso fenomeno. Ma è giusto chiedersi se questi ricordi sono davvero fedeli? E soprattutto: perché eventi di questo tipo si fissano così profondamente nella nostra mente, mentre altri svaniscono?

 

Le neuroscienze e la psicologia ci offrono due risposte complementari:

  • da un lato, le emozioni intense attivano meccanismi cerebrali che consolidano i ricordi a lungo termine;
  • dall’altro, i cosiddetti ricordi flashbulb sono vividi ma non sempre accurati, perché vengono continuamente ricostruiti e modificati nel tempo.

 

Queste due dimensioni – la stabilizzazione biologica e la ricostruzione cognitiva – ci aiutano a comprendere meglio non solo la nostra memoria, ma anche i processi di apprendimento e formazione, dentro e fuori dal contesto lavorativo.

 

Flashbulb memories: ricordi fotografici… ma ingannevoli

Nel 1977, gli psicologi Roger Brown e James Kulik coniarono l’espressione flashbulb memories per descrivere i ricordi legati a eventi pubblici e altamente emozionanti, come l’assassinio di John F. Kennedy. La caratteristica di questi ricordi è la loro apparente nitidezza: sembrano vere e proprie fotografie mentali, ricche di dettagli e colori.

Gli studi successivi, però, hanno rivelato un paradosso: più il ricordo appare vivido e certo, meno è accurato.

 

Ricerche su larga scala, condotte dopo l’11 settembre, hanno mostrato che i ricordi raccolti immediatamente dopo l’evento differivano notevolmente da quelli raccolti uno, tre o dieci anni più tardi. Già dopo un anno, non più di due terzi delle informazioni coincidevano con quanto detto inizialmente. Eppure, le persone continuavano ad avere una sensazione di assoluta sicurezza sulla veridicità del proprio ricordo.

 

Contraddicendo il senso comune, gli studi sperimentali ci dicono che una forte emozione dà più problemi che vantaggi nell'accuratezza dei ricordi.

Ogni volta che ricordiamo, infatti, ricostruiamo l’evento.  Sovrapponiamo elementi del presente, li rielaboriamo nel contesto emotivo attuale, li adattiamo al racconto. E quella versione modificata diventa, a sua volta, parte integrante del ricordo. Conoscendo queste basi “record” di apprendimento, l’autoconsapevolezza potrebbe diventare lo strumento di formazione.

 

Per comprendere meglio il meccanismo di funzionamento dobbiamo vedere le ricerce neuroscientifice che ci mostrano che le emozioni intense non lasciano traccia solo a livello psicologico, ma anche biologico.

Uno studio pubblicato su Nature Neuroscience nel 2020 – “Preservation of a remote fear memory requires new myelin formation” – ha dimostrato che:

 

  • un singolo episodio di apprendimento della paura induce la formazione di nuova mielina nella corteccia prefrontale mediale;
  • questa nuova mielina non è necessaria per l’apprendimento immediato, ma è cruciale per il consolidamento della memoria remota (a lungo termine);
  • senza nuova mielinizzazione, i topi mantenevano i ricordi recenti ma perdevano quelli a distanza di tempo;
  •  l’induzione farmacologica della mielinizzazione (con clemastina fumarato) rafforzava il consolidamento delle memorie emotive.

 

La mielina, avvolgendo gli assoni, accelera la trasmissione neuronale e stabilizza le connessioni, creando le condizioni per memorie durature.

Questo meccanismo spiega perché esperienze emotivamente forti – come l’11 settembre, un incidente o un trauma – restano nella nostra memoria a lungo termine: il cervello ha letteralmente “cablato” quelle esperienze.

 

Ma abbiamo un affascinante paradosso nella nostra mente:

·        Le emozioni forti sì che rendono i ricordi stabili, grazie alla mielina.

·        Ma i ricordi rimangono malleabili, perché ogni volta che li evochiamo li modifichiamo.

Il risultato è che ciò che ricordiamo a distanza di anni non è la copia fedele dell’evento, ma una ricostruzione sovrapposta a nuovi stati emotivi.
È come avere un quadro su cui, ogni volta che lo osserviamo, aggiungiamo inconsapevolmente nuove pennellate.

 

Trasferiamo ora questi concetti al mondo del lavoro.

 

Immaginiamo un venditore alle prime esperienze:

  •  riceve poco supporto dall’azienda;
  • si trova davanti a obiettivi irrealistici;
  • incontra una lunga serie di rifiuti dai clienti.

 

Ogni rifiuto lascia un segno, consolidato dalla mielina come memoria duratura. Col tempo, la vendita viene associata a frustrazione e sofferenza, piuttosto che a sfida e crescita.

Eppure, proprio come accade con le flashbulb memories, quei ricordi non sono immutabili: possono essere reinterpretati, sovrascritti, trasformati. Attraverso la formazione, il coaching e un contesto di supporto, il lavoratore può rielaborare le esperienze negative e costruire nuove associazioni positive.

 

Essere consapevoli di questi meccanismi è fondamentale:

  • La memoria non è un archivio immobile. Sapere che i ricordi cambiano ci aiuta a non restare prigionieri delle esperienze passate.
  • Le emozioni sono potenti catalizzatori. Possono stabilizzare le memorie, ma anche distorcerle. Conoscerne il ruolo permette di usarle a nostro favore.
  • La formazione deve creare esperienze emotive positive. Solo così possiamo “forgiare” nuove connessioni durature che contrastino quelle negative.

In questo senso, l’autoconsapevolezza diventa un vero strumento di crescita: ci permette di allenare la memoria, plasmare le abitudini e orientare la nostra traiettoria professionale verso obiettivi più alti.

 

Il caso dell’11 settembre ci mostra che le emozioni intense scolpiscono ricordi  e che noi stessi possiamo diventare architetti dei nostri ricordi. Non possiamo impedire che le esperienze forti lascino un segno, ma possiamo scegliere come reinterpretarle, come allenare la nostra memoria e come trasformare il passato in leva per il futuro. Inoltre, possiamo sfruttare queste conoscenze per la costruzione dei percorsi formativi per rendergli più efficaci.

 

 

SCOPRI COME POTENZIARE IL TUO BUSINESS CON AUROMED!